La storia continua: ecco la seconda parte del ricordo che abbiamo realizzato per commemorare il centenario della nascita di Giuseppe Perego.
Potete leggere la prima parte qui.
Cessioni e riacquisizioni: l’azienda torna in famiglia
Gli anni ’70 saranno ricordati per il grande successo del passeggino con chiusura a ombrello, l’innovativo Bye Bye. «Papà partecipava in prima persona all’ideazione dei prodotti. La domenica sera – racconta Lucio Perego – lo ricordo a casa in poltrona: tirava fuori il suo block notes Pigna e cominciava a disegnare a mano libera; e nei giorni successivi discuteva le idee con i suoi collaboratori. Era un grande lavoratore e una persona estremamente creativa». Ma il nuovo decennio è un periodo difficile per l’Italia. La grande crisi energetica, con l’austerity, interrompe un ciclo di crescita economica iniziato nel dopoguerra che sembrava inesauribile. E l’autunno caldo del 1969 aveva portato tensione politiche e sociali.
Nel 1971 Giuseppe decide così di cedere il 50% della Peg al Credit Suisse: «Una scelta dolorosa – commenta Michele – ma necessaria per affrontare più serenamente quegli anni: un grande partner bancario garantiva accesso al credito e solidità che potevano garantire la sopravvivenza. Fra l’altro, una società al 50% è una di quelle cose che non si fanno mai: se i soci non vanno d’accordo c’è il rischio di rimanere paralizzati. Ma papà si è fidato. È andata bene». Contestualmente alla cessione del 50% dell’azienda, Giuseppe Perego chiede a Lucio di trasferirsi negli Stati Uniti per rassicurare il nuovo partner finanziario garantendo l’impegno diretto della famiglia nella gestione del delicato fronte americano. «Mi disse: se ti sposi, puoi andare negli Stati Uniti con tua moglie. Così facemmo: e rimanemmo a Fort Wayne per dieci anni. Si può dire che la mia proposta di matrimonio la fece lui», scherza oggi Lucio.
La cessione di una parte delle quote garantisce un po’ di respiro alla Peg Perego e al suo fondatore, che decide di reinvestire parte del capitale in due nuove attività che avrebbero dovuto rivelarsi sinergiche rispetto al business dell’azienda e che, soprattutto, facevano riferimento a imprenditori amici: la prima, la Lombarda Tubi, produce tubi d’acciaio; l’altra, la Cartonbox, realizza imballaggi in cartone ondulato. I due investimenti, però, non danno i risultati sperati. E, anzi, rischiano di mettere a repentaglio la solidità della Peg. Così Giuseppe Perego, nel giro di qualche anno, decide di porre fine a queste due esperienze: la produzione dei tubi d’acciaio viene ceduta all’imprenditore siderurgico Steno Marcegaglia, verso il quale conserverà sempre un sentimento di amicizia e di gratitudine, mentre la produzione degli imballaggi di cartone sarà ceduta successivamente. «La lezione? “Dobbiamo concentrarci su quello che sappiamo fare bene, e farlo sempre meglio”. Ed è un insegnamento di papà che ci guida ancora oggi», conclude Lucio Perego.
Nei primi anni ‘80, Giuseppe si ammala. La malattia però non lo ferma: continua a lavorare con entusiasmo e a prendere decisioni importanti. Quella principale e più attesa giunge nel 1983: avendo compreso che la sua vita sta volgendo al termine, Giuseppe Perego decide di riacquistare da Credit Suisse il 50% ceduto nel 1971 e nel 1984 di vendere le attività produttive negli Usa per finanziare l’operazione. «In quel momento – commenta Gianluca – non fu una scelta vantaggiosa dal punto di vista economico. Paradossalmente era il momento peggiore per riacquistare perché l’azienda aveva raggiunto un grande valore di mercato. Ma papà aveva il desiderio di andarsene lasciandola completamente nelle mani della nostra famiglia. Così, nonostante il contesto sfavorevole, disse: “Quando c’è da fare, si fa”, e chiuse l’accordo. Il rapporto con Credit Suisse fu sempre molto positivo per entrambi, di grande fiducia. In quegli anni la banca svizzera aveva investito in molte aziende italiane, ma credo che la Peg sia stata il loro investimento migliore». Nell’operazione, la Peg si impegna a rilevare un’azienda del settore posseduta dall’istituto svizzero, la Ampatoys di San Donà di Piave: ancora oggi lo stabilimento veneto è uno dei punti di forza della Peg Perego.
Dopo aver “messo a posto le cose”, nel 1984 Giuseppe muore all’età di 70 anni.
(continua)