Ci sono cose che è bello e importante festeggiare. L’occasione per noi è stato il centenario della nascita di Giuseppe Perego, il fondatore della nostra azienda, che è anche famiglia, famiglia “diffusa” in tutto il mondo. L’abbiamo celebrato con un evento speciale e per l’occasione abbiamo realizzato anche un piccolo ricordo della sua storia, componendo immagini, ricordi, momenti che hanno reso grande la sua impresa imprenditoriale e la nostra azienda.
Ve lo riproponiamo qui, in formato digitale, perché possiate ripercorrerla con noi. E’ una bellissima storia
Dall’orto all’America: un’azienda fatta in casa
Negli orti della Brianza non nascono solo frutta e ortaggi, ma anche le aziende. È proprio nel giardino della villetta del suocero Giovanni Zappa che Giuseppe Perego a metà degli anni ‘40 comincia a “coltivare” quella che diventerà un’azienda conosciuta in tutto il mondo. Siamo ad Arcore: Giuseppe, primo di dieci figli di una famiglia di contadini affittuari della vicina Lesmo (nota ai più per una curva del circuito di Monza), è un disegnatore meccanico della Falck, dove lavora anche la moglie Giuseppina, da tutti conosciuta come Ines, sposata il 7 aprile del 1945 (pochi giorni prima della Liberazione!). Grande lavoratore, Giuseppe comincia ad affiancare al suo impiego l’attività di fabbro, che coltiva di sera e nel tempo libero. Finché lascia il lavoro da dipendente e si mette in proprio.
I primi prodotti sono lettini da ospedale e sedie per il cinema. Nel frattempo, arrivano i figli: Gianluca nel 1946, Paola nel 1947, Lucio nel 1949; e poi Adriana nel 1956, Silvia nel 1958 e Michele nel 1963. Ed è proprio la nascita dei primi figli a suggerire l’idea giusta a Giuseppe: le carrozzine. La Peg nasce ufficialmente nel 1949, “gemella” non a caso del terzogenito Lucio, che sarà il primo a potersi avvalere dei comodi mezzi di trasporto con il marchio di papà.
E dalla famiglia non viene solo l’idea del prodotto, ma anche le prime, determinanti, risorse professionali: la sorella Severina, abile sarta, si occupa dei rivestimenti tessili; la sorella Matilde e la cognata Mariuccia sono le prime impiegate amministrative. Intanto l’azienda cresce e pian piano “ingloba” la villetta dei suoceri, che si trovano a esserne gli orgogliosi custodi, senza mai averlo veramente deciso.
All’inizio degli anni ‘60, il fondatore della Peg ha una grande intuizione: allargare l’offerta ai giocattoli. Racconta oggi Lucio Perego: «Nel 1960 papà capì che era il momento di diversificare e acquistò le presse per fabbricare automobiline a pedali in plastica nel nuovo stabilimento di Lomagna, costruito appositamente». Il nylon di allora, però, era molto costoso e difficile da lavorare: sarà necessario attendere l’introduzione del Moplen, un materiale meno costoso da produrre e molto più elastico, ideato dal Premio Nobel Giulio Natta alla Montedison. «L’idea di papà insomma – conclude Lucio Perego – era stata giusta: aveva solo anticipato i tempi di un paio d’anni. Quando finalmente arrivò il materiale adatto, i consumi decollarono».
È sempre degli anni ‘60 l’altra idea vincente di Giuseppe, ancora oggi attualissima: lo sviluppo internazionale. «Papà – ricorda Gianluca – aveva imparato il tedesco in guerra. Ricordo che fin dagli anni ’50 la domenica sera prendeva un treno per Monaco di Baviera, qualche volta lo accompagnavo in stazione: andava a vendere i suoi prodotti e ritornava ad Arcore il lunedì sera». Negli anni ’60 proprio a Monaco nasce il primo stabilimento estero, seguito nel 1965 da quello a Toronto, in Canada, tuttora esistente; e poi, nel 1968 negli Stati Uniti, l’apertura della fabbrica di Fort Wayne, in Indiana. Un passo non da poco. Ma come si gestiva una mini-multinazionale, all’epoca? «Tempi pionieristici – spiega Gianluca Perego – quando comunicare era costosissimo e prima di fare una telefonata intercontinentale ci si doveva pensare bene, raccogliere le idee e comprimere tutto in un minuto. E per la gestione papà aveva una regola: la fiducia. È andato in America senza sapere l’inglese, gli hanno presentato i nuovi soci che gli hanno fatto una buona impressione e ha firmato un accordo con loro. Ripeteva spesso: “O fai il carabiniere, o lavori”. Che vuol dire: non puoi dedicare troppo tempo a fare verifiche e due diligence, meglio dare fiducia, a costo di ricevere qualche delusione. E questo approccio alla lunga ha pagato». Conferma Lucio: «Papà ha dimostrato grande coraggio e ancora oggi ne raccogliamo i frutti. Se non avesse tentato l’avventura internazionale, negli anni successivi avremmo sofferto molto di più e di certo l’azienda non sarebbe quella di oggi».